Le crisi di pianto dei bambini e dei neonati ci mettono a volte in grande difficoltà, o meglio, forse è più corretto scrivere, che a volte ci mandano proprio in tilt perché non riusciamo a calmare e consolare i nostri figli.
Che si tratti di un pianto improvviso di notte di un neonato, di un pianto inconsolabile e disperato a 3 anni o di bambini di 6 anni che piangono senza motivo e senza cause apparenti, ci sono sempre dei passi che puoi seguire e che ti possono aiutare a calmare tuo figlio quando piange.
Molte mamme spesso mi dicono:
“Come faccio a farlo smettere di piangere quando fa i capricci? Quando mio figlio piange non lo sopporto! Perdo subito la pazienza e non so cosa fare”
“Quando piange non capisco cosa è successo. Perché quando piange non mi dice che cosa vuole? Piange per mezz’ora ma non dice perché!”
Scopriamo insieme in questo articolo:
- Cosa fare quando i bambini piangono o quando non smettono di piangere
- Come capire il pianto dei neonati e dei bambini, anche quando piangono sempre
- Come calmare le crisi di pianto dei neonati o dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni e oltre
- Gestire crisi di pianto se tuo figlio ancora non parla
- Calmare tuo figlio quando piange ed è in grado di parlare
1° step fondamentale: se parti con l’obiettivo di far smettere di piangere tuo figlio subito hai perso in partenza…
In generale, è utilissimo non considerare il pianto dei neonati e dei bambini come lo facevano i nostri genitori o magari i nostri nonni.
Innanzi tutto, quando un bambino piange, la prima indicazione è quella di fare il possibile per non allarmarti o andare in crisi.
Non partire nemmeno con l’armatura e la lancia in mano pensando:
“adesso mi devo impegnare: il mio primo obiettivo deve essere quello di farti smettere!”
Per quale motivo il pianto non andrebbe represso? Semplice: con il pianto qualsiasi essere umano esprime un sentimento, un timore, una paura o esprime un bisogno. Questo vale ancora di più per i neonati e per i bambini.
Quindi il pianto, che sia il pianto di notte di un neonato a 5 mesi, il pianto improvviso a 2 anni o una crisi di pianto inconsolabile a 4 anni in verità non va represso, ma andrebbe accolto e compreso.
Compatibilmente con la tua stanchezza, e quando possibile, sarebbero da evitare tutte quelle situazioni in cui tuo figlio piange e gli metti il ciuccio perché l’importante per te è che smetta il prima possibile.
Sono da evitare per esempio frasi con toni duri come:
👉 “Basta, basta adesso!”
👉 “Non piangere!”
👉 “Ora vediamo cosa fare…però non piangere!”
👉 “Ora calmati!”
👉 “Ssssssssst! Non è successo niente”
👉 “Ma le principesse non piangono!”
👉 “Ma sei un ometto!!! Cosa fai? Piangi?”
In verità tuo figlio ha bisogno di piangere perché con il pianto non soltanto chiede il nostro aiuto, ma proprio a livello fisiologico si libera di una tensione eccessiva, si svuota da tristezza, dolore, frustrazione, nervosismo…
Quindi la cosa più efficace che possiamo fare, rimanendo tranquilli da Aiutanti Magici, è di avvicinarci, abbracciarlo, coccolarlo, prenderlo in braccio oppure ci abbassiamo, lo guardiamo negli occhi e mostrando la nostra empatia possiamo dire per esempio:
“Mannaggia amore cosa è successo? Certo, se vuoi piangere, piangi. Non ti preoccupare”
E stiamo con lui, dicendogli ad esempio:
👉 “Ma che cosa tanto triste… Oh mannaggia, ti sei arrabbiato tanto amore”
👉 “Certo che ti sei spaventato…mamma mia che scivolone che ti sei fatto dalla sedia!”
👉 “Vieni amore, fammi vedere dove ti sei fatto male”
A questo punto noterai che tuo figlio inizia a tranquillizzarsi. Se è in grado di parlare potrà anche dirti che cosa è successo e cosa prova.
Calmare crisi di pianto dei neonati o di bambini che non parlano
A questo punto dobbiamo fare due distinzioni:
1️⃣ tuo figlio riesce a dirti cos’è successo
2️⃣ non riesce a raccontarti il suo problema perché è piccolo o perché non è ancora in grado di farlo.
Se riesce a dirti cosa è successo allora continua a rassicurarlo. Puoi dirgli per esempio:
“Non c’è problema. Ci sono qua io e adesso ti aiuto e risolviamo.”
E concludi risolvendo la difficoltà.
Se non riesce a dirti cosa è successo ecco cosa fare:
Se tuo figlio piange ma non sa ancora parlare…
In questo caso tuo figlio non ha altri strumenti per farti capire cosa sia successo, se non il pianto, dunque dovrai attivare il tuo intuito e la tua capacità di osservazione.
Dovrai imparare ad osservare bene tuo figlio, per capire che cosa può essere successo.
Ad esempio nel caso del pianto di un neonato di 3 mesi potrebbe avere dei bisogni fisiologici: forse ha fame, ha sonno, sente caldo o freddo oppure è scomodo o ha bisogno di contatto.
O nel caso di un bambino di 1 anno magari si annoia, voleva toccare una cosa e non gliel’hai fatta toccare, voleva arrampicarsi da qualche parte e non lo ha potuto fare.
Oppure sta assorbendo un tuo “pianto”. Quando i bambini sono neonati o molto piccoli succede spessissimo: i bambini sono delle spugne assorbenti, assorbono tutto, soprattutto gli stati emotivi della mamma.
Mi è capitato molte volte che la mamma si trattenesse, ma in verità dentro era arrabbiata, triste, infelice, scoraggiata, stanca, disperata e il bambino non smetteva di piangere.
Quindi una domanda che possiamo farci è:
“Io come mi sento in questi giorni? C’è qualcosa che ha creato tensioni in generale in casa?
Calmare crisi di pianto se tuo figlio è più grande e può parlare
Capita a volte che i nostri figli invece parlino già tranquillamente, ma non essendosi mai abituati ad esprimere le proprie emozioni, non riescono a farlo.
Solitamente un bambino diventa in grado di esprimere i suoi sentimenti e comunicarti cosa prova quando è un po’ più grande.
Mi è capitato di avere bambini che già a 5 anni o 6 anni, o anche prima, riuscivano a dirmi che cosa fosse successo e come si sentivano: se erano tristi, arrabbiati, piuttosto che delusi.
Tendenzialmente, per molti bambini, questa cosa succede più avanti nell’età, e se siamo stati bravi con il nostro esempio a far vedere loro come si gestisce il bagaglio emotivo e se siamo stati degli Aiutanti Magici gestendo noi il loro bagaglio emotivo negli anni precedenti, ecco che quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che sentimento si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc.
In questo modo i bambini quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che tipo di emozione si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc.
Personalmente non ho mai trovato utili le “lezioni accademiche”, che descrivono le emozioni con le faccine o i colori.
Penso siano proprio l’ultima spiaggia quando da essere umano non sappiamo usare i nostri strumenti di esempio, accoglienza, comprensione, soluzione, che sono i più efficaci e immediato in assoluto con i bambini.
Al di là di questo, se quindi nostro figlio sa parlare, è già in un’età in cui parla e comunica serenamente con noi i suoi ragionamenti, ma proprio non riesce a esprimere come si sente, anche in quel caso dobbiamo essere noi un po’ intuitivi e aiutarlo con l’esempio mostrandogli come fare.
Quindi anche in questo caso intervieni e, se possibile, evita di dirgli ad esempio:
- di smettere di piangere
- se piange è una femminuccia
- che non è più un bambino piccolo
- non è successo niente tanto da piangere così forte
- accusarlo o sminuirlo
E’ invece molto più utile se ci immedesimiamo, quindi siamo empatici con lui:
“Mamma mia tesoro, cos’è successo di così grave?”
Quello che fai e dici deve essere qualcosa che senti veramente (non è che reciti perché l’ha suggerito Roberta e vuoi provare a fare come dice lei perché sei disperata😊).
Davvero ti identifichi e ti metti nei suoi panni. Davvero sei con lui in quel momento, ti senti vicina a quello che prova e lo vuoi aiutare. Capisci quello che sta provando in quel momento.
Stai un attimo lì e lo accogli (per aiutarti prova a ricordare come ti sentivi tu da piccola quando piangevi ed eri triste).
Se sente che non abbiamo fretta di farlo smettere di piangere e non siamo arrabbiati con lui, tuo figlio inizierà a rilassarsi, a calmarsi e a smettere di piangere o urlare.
A quel punto allora possiamo chiedere cosa sia successo. Se lui non ce lo dice, dobbiamo utilizzare un po’ il nostro intuito di adulto e glielo possiamo suggerire noi.
Ad esempio:
“Sai cos’è? Secondo me è un po’ di stanchezza”
E se lui ci risponde di no:
“Va bene, ok, non è stanchezza. Allora intanto ci mettiamo qua io e te e facciamo qualcosa di tranquillo”
Oppure:
“sai, secondo me cos’è? È che stamattina volevi metterti quella maglia. Abbiamo fatto tutto di corsa. La maglia non era pulita e adesso sei arrabbiato per questa cosa?”
Oppure ancora:
“E lo so. Volevi arrampicarti lì, fare quel gioco e non l’abbiamo fatto. Purtroppo era proprio pericoloso e non si poteva fare”
Pensa a tutto quello che mi viene in mente, tutto quello che potrebbe essere stato: il brutto voto a scuola, ha litigato con un compagno, suo fratello gli ha rotto il gioco, non ha voglia di fare quella cosa adesso, voleva ancora finire di guardare i cartoni, ecc.
Altri esempi:
- “Sei arrabbiata perché volevi continuare a vedere il cartone”
- “Ti senti tanto triste perché oggi la mamma è stata poco con te: dovevamo andare insieme a fare quella cosa, ma c’è stato un imprevisto e non siamo andati”
- “Mannaggia, certo che Luca ti ha proprio deluso. Non ti aspettavi che ti prendesse in giro per quella cosa!”
Una volta individuato il problema troviamo una soluzione pratica, anche se con l’esperienza vedrai che il vero passo davvero risolutivo è comprenderlo e non accusarlo o ricattarlo.
Quali sono i vantaggi se non blocchiamo il pianto?
In questo modo abbiamo permesso a nostro figlio di sfogarsi, di liberare quello che aveva dentro e non l’abbiamo giudicato.
Non l’abbiamo fatto sentire inadeguato. Abbiamo lasciato che si liberasse di tutte le sue tensioni.
Siamo stati per lui degli Aiutanti Magici, quindi estremamente comprensivi e lo abbiamo accolto.
E poi siamo stati davvero Aiutanti Magici perché abbiamo concluso con una soluzione.
Pensa a come ti senti più leggera dopo aver pianto se hai vissuto una situazione triste o che ti ha ferito emotivamente.
Quindi non soltanto abbiamo risolto la difficoltà e lo abbiamo aiutato, ma gli abbiamo dato il vero e unico esempio che conta.
In questo modo, pian piano, lui potrà fare la stessa cosa con se stesso e con il tempo apprenderà che:
1️⃣ Piangere non è un problema.
2️⃣ Può esprimere e raccontare a mamma e papà cosa prova, qualsiasi sentimento va benissimo perchè non viene giudicato o accusato
3️⃣ Riuscirà a comprendere se è arrabbiato, triste, deluso ecc..
4️⃣ Tramite la tua comprensione e l’accoglienza si sentirà meglio e si calmerà
5️⃣ E’ possibile trovare una soluzione e risolvere
Perché calma e pazienza oggi sono molto rare
Questo è uno degli esempi più importanti che possiamo dare ai bambini e ai ragazzi, perché nella società di oggi c’è invece un grande problema.
In generale noi adulti facciamo fatica a gestire il nostro bagaglio interiore, siamo sempre arrabbiati senza capire il perché, perdiamo subito la pazienza, facciamo fatica ad attivarci da soli per trovare delle soluzioni. Spesso non siamo purtroppo autonomi da questo punto di vista.
Non sappiamo come mantenere la calma e la lucidità, basta poco ed eruttiamo subito come vulcani e perdiamo il controllo.
E questo accade perché da piccoli abbiamo spesso ricevuto esempi di adulti arrabbiati, che non cercavano di comprenderci ma che tendevano a reprimere i nostri sentimenti, tendevano a zittirci con toni duri e sguardi di ghiaccio senza accogliere e comprendere la causa della nostra tristezza o del nostro pianto.
Ecco perché oggi probabilmente è una competenza che non hai ancora. Perché non hai potuto osservarla e assorbirla dai tuoi adulti di riferimento quando eri piccolo o piccola.
Se invece con tuo figlio procedi nella modalità che hai letto in questo articolo lui imparerà dal tuo esempio.
Se poi questi passaggi riusciamo a metterli in pratica anche con noi stessi, per gestire la nostra emotività, allora stiamo a cavallo, perché anche farlo con tuo figlio diventerà moooooolto più semplice.
Spero che queste informazioni ti siano utili per aiutarti a calmare le crisi di pianto di tuo figlio, a rassicurarlo e aiutarlo quando piange e per capire la causa del suo pianto o nervosismo in qualsiasi situazione.
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