Cosa fare quando un bambino a casa lancia gli oggetti, urla, picchia e alza le mani?
Per quale motivo si comporta in modo aggressivo con te o con un altro bambino?
Spesso i bambini iniziano da piccoli ad avere questo tipo di reazioni fisiche ed esplosive e ad essere maneschi.
In questo articolo ti spiego il perché e come può comportarsi un genitore in queste situazioni.
Perché mio figlio lancia gli oggetti, urla sempre o mi picchia?
In genere i bambini iniziano a reagire lanciando le cose, picchiando, urlando o rompendo oggetti quando sono piccoli, ad esempio anche intorno all’anno e mezzo.
Il motivo è che non hanno ancora la capacità di comunicarci cosa sentono, quali emozioni stanno provando.
Naturalmente sarebbe bello e semplice se loro ci dicessero:
“Tranquilla, voglio dirti solo che sono in crisi. Siediti. Siediti sul divano serena e tranquilla. Ti ho preparato anche una tisana.
Ti devo dire che sono incavolato nero. Avrei voglia di spaccare tutto in questa casa. Perché non stai mai con me? Ho bisogno di stare più tempo con te. E poi odio mia sorella. Vorrei eliminarla dalla nostra famiglia e non posso farla fuori.”
I bambini, ovviamente, non hanno la capacità di esprimere il loro stato d’animo in questo modo perché sono ancora troppo piccoli.
Cosa fanno allora?
Si esprimono fisicamente: piangendo, urlando, picchiando, facendo quelli che noi chiamiamo “capricci”, ma che non sono capricci.
Si esprimono anche lanciando le cose: la prima cosa che trovano la lanciano.
Perché? Perché non essendo ancora grandi, non sono in grado di razionalizzare come noi.
Noi adulti quando sentiamo che stiamo per esplodere cosa facciamo? Ci fermiamo, ci ascoltiamo, ci parliamo e ci chiediamo per quale motivo stiamo per esplodere.
Cerchiamo di accoglierci, farci un attimo le coccole e troviamo una soluzione. Gestiamo il nostro bagaglio emotivo per non esplodere.
Spesso non siamo in grado di fare tutto questo nemmeno noi, figuriamoci un bambino piccolo.
I bambini cosa sentono? I bambini sentono un tumulto dentro, un qualcosa dentro che li ha fatti arrabbiare o che li ha impauriti.
La loro “pentola a pressione” diventa sempre più sotto pressione: questo insieme di sensazioni cresce e sale sempre più finché scoppiano.
E allora ecco che rompono, lanciano gli oggetti, urlano o comunque possono diventare aggressivi.
Oppure davanti ad un nostro no, magari detto in maniera un po’ brusca, loro non riescono a fermarsi e a dirci con calma:
“perché mi stai dicendo di no? Guarda che io vorrei fare quella cosa perché…”
Non avendo ancora una capacità di dialogo così fine ce lo fanno capire con il comportamento, con la rabbia, sfogandosi in questo modo.
Non stanno facendo i maleducati, hanno solo il bisogno di esprimersi, di dirci quello che sta succedendo e lo fanno nell’unico modo che per ora conoscono.
Hanno bisogno, piano piano nel tempo, di trovare e di assorbire un’alternativa dal nostro esempio.
Allora in questi casi che cosa possiamo fare in pratica?
Come comportarsi con un bambino che lancia le cose, alza le mani o urla
Durante questi momenti di aggressività, rabbia ed esplosione, tentare di spiegare che non si fa serve a poco.
Come prima cosa possiamo sicuramente intervenire con fermezza.
Se hanno un oggetto pericoloso in mano o se stanno rompendo qualcosa non è necessario stare ad aspettare che si facciano male o lo rompano.
Interveniamo: che sia per tirarlo indietro e allontanarlo, che sia per prendere l’oggetto dalle sue mani o che sia per tenergli le braccia in maniera sicura e ferma.
Possiamo agire fisicamente con fermezza senza essere arrabbiati e dire ad esempio, mentre lo stiamo tenendo:
“Amore Mannaggia cosa è successo! Sei arrabbiatissimo e questo non si può lanciare!”
Magari lui nel frattempo si sta dimenando e sei riuscita ad abbracciarlo o a tenerlo perché non si faccia male.
Molto diverso è intervenire in questo modo mentre dentro siamo arrabbiati, magari stringerlo e dire con tono duro:
“Basta! Ho detto basta!!! Non devi fare così! Quante volte ti ho detto che non devi tirare quella roba! Ti fai male! Ma non vedi che ti fai male?!”
In entrambi i casi fermiamo il bambino fisicamente prima che lanci un oggetto o un gioco, ma con il secondo modo si spaventerà, non si sentirà capito e avrà paura della nostra reazione.
Nel primo caso invece magari si ribellerà, ma noi saremo sicuri, fermi, tranquilli e continueremo a tenerlo.
Se lui dovrà ancora sfogarsi ed esplodere allora esploderà oppure vedendoci calmi si calmerà subito anche lui.
Se vuoi approfondire l’argomento puoi anche leggere questo articolo: Smettila di Urlare! Come calmare bambini Nervosi e Agitati
È esploso, ha picchiato me o la sorella: capire le motivazioni di tuo figlio
Quando i bambini sono piccoli è difficile che ci dicano a parole che cos’hanno, cosa provano.
Possiamo però allenare la nostra capacità di osservazione, diventare un po’ dei piccoli Sherlock Holmes e affinare il nostro intuito.
Possiamo ad esempio osservare e farci un po’ di domande come:
“ok, allora quando fa così si è arrabbiato con la sorella”
“Forse è stanco? Ha fame? Si sta annoiando?”
“Non sono stata con lui. E già due volte che mi gira intorno e tre volte che gli dico che non ho tempo. Oggi sono nervosa e me lo aspetto che tra un po’ esploderà anche lui”
Un bambino potrebbe non capire tutte le nostre parole, ma al cuore gli arriverà quello che vogliamo dirgli, il nostro discorso, il nostro dialogo interiore.
Un bambino sente se viene capito, compreso.
Anche se i bambini sono piccoli, quando in modo sinceramente dispiaciuto gli diciamo “amore… mannaggia, la mamma oggi non è stata con te”, loro sentono che abbiamo capito.
È quel linguaggio tra adulto e bambino, tra genitore e figlio, tra mamma e bimbo, che fa sì che loro sentano che li stiamo ascoltando e non li stiamo rimproverando.
Magari piangerà dieci o venti minuti oppure si fermerà subito, ma l’importante è che noi possiamo essere fermi nel dire ciò che non si fa ma anche pronti a comunicare:
“capisco perché l’hai fatto, te lo dico e troviamo una soluzione”.
Inizialmente sarà necessario agire in questo modo cinquanta, cento volte o fino a quando ce ne sarà bisogno.
Gradualmente si abituerà a chiamarvi, a non dover per forza esplodere lanciando oggetti o mordendo e picchiando, anche grazie al fatto che, allenandoci, noi riusciremo ad arrivare un po’ in anticipo, cioè intuire qual è la difficoltà e risolvere prima che la situazione degeneri.
Ad esempio vi sarà magari già capitato di notare quando vostro figlio è stanco e vi sarete detti:
“se non lo porto a dormire tra dieci minuti qua esplode il maremoto! Perché ha già cominciato a lagnarsi un po’, ad andare di là e ha tirato due volte un calcio a sua sorella… ha fatto un dispetto, lo vedo dagli
occhi: è stanco. Se adesso non lo porto a dormire esplode e poi fino a mezzanotte non riuscirò a farlo dormire perché sarà una crisi dietro l’altra”.
Gelosia: mio figlio ha picchiato la sorella!
A volte capita che siano i più piccoli ad arrabbiarsi con i fratelli più grandi, ma la maggior parte delle volte sono i più grandi che ce l’hanno con i piccoli e che li vedono un po’ come degli intrusi.
Noi chiamiamo questa reazione “gelosia” ma, in verità, il loro è un sentimento più che giustificato e spesso i primogeniti si sentono un po’ espropriati del loro territorio.
E non è perché sono egoisti, ma perché questo territorio per i nostri figli è fatto dell’amore di mamma e papà e delle loro sicurezze.
Ecco che allora si ritrovano a pensare:
“Finché c’ero solo io, avevo tutto l’amore e tutte le attenzioni per me. Adesso che è arrivato un altro, o un’altra (o un altro ancora) questo terreno si ridurrà? Dovrò dividerlo per due, o per tre? Ma poi perché ne hanno voluto un altro? Io forse non andavo bene? Forse non sono bastato. Allora lei è meglio di me, certo che io sono arrabbiato con lei. Tutte le volte che la guardo penso che lei sia migliore di me.”
È un fattore naturale, i bambini vivono queste sensazioni.
Non possiamo spiegare o chieder loro di non farlo.
Ciò che possiamo fare è dimostrare attraverso la relazione e la qualità del tempo che passiamo con loro che non è così.
A volte non basta neanche dire “Io ti voglio bene, vi voglio bene allo stesso modo”.
I figli hanno bisogno di vederlo nella pratica. È grazie a questo che i bambini saranno meno aggressivi, che arriveranno a non lanciare oggetti o eviteranno di urlare e arrabbiarsi, se questo è il vero motivo.
Ecco qui sotto qualche altro esempio.
È arrivato il momento di cambiare il pannolino alla piccola o di tenerla in braccio
Ad esempio, ti stai alzando per andare a cambiare il pannolino alla piccola mentre il grande sta giocando.
Un conto è dire:
“Ma sì, ci metto un attimo, io voglio bene anche a te”
un altro conto è dimostrare che ti ricordi di lui, guardarlo negli occhi e prima che mostri dispiacere dirgli per esempio:
“Amore, io vado di là a cambiare il pannolino, se non vuoi stare qui da solo, vieni anche tu di là nel frattempo, prendi i due pupazzetti così continuiamo a giocare…”
Oppure:
“Devo cambiare tua sorella… ma mica voglio perdermi la costruzione di questo bellissimo castello!… Vado un attimo di là a prendere il cambio e torno… la cambio mentre sono qui con te così non mi perdo nemmeno un pezzettino di questa opera d’arte!”
Oppure ancora hai in braccio la sorella più piccola, magari ti siedi perché non riesci a tenerli tutti e due in braccio e puoi dire:
“Vuoi venire in braccio anche tu? Guarda che c’è lo spazio! Vieni in un braccio anche tu! Certo che posso prendere anche te. Mi devo solo sedere e posso prendere anche te”.
Magari se non lo aveste fatto ve lo avrebbero chiesto e si sarebbero arrabbiati. Ma se lo anticipi loro avranno la certezza, potranno pensare “allora ti sei ricordata anche di me! Allora sì che mi vuoi bene! No, continuo a giocare. Non ho bisogno che prendi in braccio anche me”
Hanno dunque bisogno di conferme nella pratica.
Litigi tra fratelli: il grande ha picchiato la piccola
Quando litigano dico sempre di intervenire e di non sgridare nessuno, di non cercare il colpevole.
Infatti cercare il colpevole non serve perché spesso “il colpevole”, cioè chi ha iniziato, è il più ferito dei due, perché è quello che a monte si è sentito minacciato.
Quando una piange e l’altro l’ha colpita andrò da tutti e due, mi avvicinerò a quella che piange per consolarla, ma allo stesso tempo chiederò all’altro:
“mamma mia amore! per tirarle così forte i capelli deve avertela fatta grossa. Mannaggia questa sorellina che stava proprio giocando lì dove volevi giocare tu e lei si è messa in mezzo. Lo so che ogni tanto ti dà fastidio e non la supporti”
Se vuoi approfondire cosa fare in caso di gelosie e litigi tra fratelli, puoi leggere anche l’articolo: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli
Per fare un paragone, che senso avrebbe sgridare noi adulti perché mangiamo troppi dolci?
Se il vero problema è che compensiamo con i dolci un bisogno affettivo, stanchezza o frustrazione, non sarebbe meglio avere qualcuno che ci aiuti a risolvere questa frustrazione, dato che magari i dolci fanno male?
Per un bambino è uguale.
Siccome non si picchia, non si morde, non si lanciano oggetti e ci sono altri modi per esprimersi da imparare nel tempo, non serve il rimprovero, ma avrà bisogno di vedere come si fa.
E allora gli farò vedere come si fa, accoglierò entrambi, non lo colpevolizzerò perché so qual è il problema e quindi a monte ci lavorerò, dando del tempo di qualità, dandogli quello che gli serve per riprendersi le sue sicurezze e risolvendo.
Nella pratica, se il problema era che la piccola si è messa dove voleva giocare il grande, vedrò se riesco a spostare lei, se no si troverà un’alternativa insieme, medierò tra loro due e vedrò cosa si può fare per risolvere.
Il bambino si abituerà a capire che non lo state rimproverando, non si sentirà sgridato ma capito e dopo un po’ di volte che farete così avrà la certezza del fatto che è avvenuto un cambiamento.
A quel punto potrete dirgli:
“Vedi, quando succede così, prima di arrabbiarti vieni da me. Quando senti che comincia a venirti il nervoso, vieni da mamma o da papà e ce lo dici. Noi risolviamo. Arrivo prima che scoppino le scintille. Non ce n’è bisogno, basta che tu venga da me e me lo dici.”
Inizieranno a venirvi a chiamare perché hanno capito che non siete un pericolo, ma che siete un aiuto, siete il loro aiutante magico.
Inizialmente verrà a dirvelo, poi, man mano che crescerà negli anni, imparerà a fare lui quello che avete fatto voi. Imparerà a fare un bel respiro, a calmarsi, a parlare con se stesso e trovare una soluzione.
Questo passaggio non avviene subito ma avviene con gli anni, però in questo modo si possono mettere da subito le basi per non avere ogni momento un litigio esplosivo da gestire.
Gli esempi di questo articolo ti saranno utili per evitare con il tempo che tuo figlio lanci gli oggetti, arrivi ad urlare o diventare aggressivo con te o con la sorella, il fratello o altri bambini.
Se vuoi approfondire il tema della gestione delle emozioni dei tuoi figli, puoi leggere questo articolo: Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
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